26 marzo 2007

Quelli dello Starbucks

Oggi posto un altro articolo che vale la pena di leggere, non foss'altro perchè io e Sgarbo riteniamo essere uno dei posti più "fighi" in assoluto!


Pazzo per il caffè di Starbucks, la celebre catena americana che ha portato espresso e cappuccino in tutto il mondo. O pazzo e basta, a seconda dei punti di vista. Di certo, la sfida che alla fine degli anni Novanta Rafael Antonio Lozano, texano, residente a Washington, altrimenti conosciuto con il nome di Winter, ha lanciato a se stesso quantomeno bizzarra lo è davvero: visitare tutti i locali Starbucks nel mondo, bevendo un caffè in ognuno di questi. Il motivo che ha spinto questo disegnatore di software freelance a ingerire dosi massicce di caffeina (una volta è arrivato addirittura a bere 29 espressi in un solo giorno) e a spendere quasi 30 mila dollari in otto anni lo ha spiegato lui stesso, sul sito creato apposta per l'occasione e aggiornato ad ogni tappa del suo viaggio: «Fin da bambino – ha raccontato Winter - ho collezionato fumetti, lettere e monete, poi sono passato a Starbucks, che è un altro modo con il quale manifesto la mia attitudine compulsiva nel volere tutto. Non mi considero un maniaco, ma solo uno che ha voluto fare qualcosa di completamente diverso dagli altri».

Come ogni piano che si rispetti, anche questo di Winter aveva delle regole ben precise: i locali ammessi nella prova erano solo quelli con licenza ufficiale Starbucks, tralasciando dunque i quasi 5 mila punti vendita che la catena ha negli aeroporti e nelle librerie Barnes & Noble; vietato visitare lo stesso locale per due volte, per non perdere tempo e obbligo di prendere lo stesso tipo di caffè in ogni posto. Fatti due conti, il ragazzo ha visitato 6.338 Starbucks nei soli Stati Uniti e 432 nel resto del mondo (Montreal, Inghilterra, Giappone, Parigi, Madrid, Messico, Hong Kong, Taiwan e Puerto Rico), scatenando, com’era prevedibile, la reazione dei media. Per contro, invece, la “casa madre” ha sempre preferito prendere le distanze dallo stravagante progetto, dichiarando che quella di Winter era un’iniziativa assolutamente personale e, soprattutto, non retribuita.

Di certo, però, la pubblicità gratuita che la catena ne ha ricavato ha superato di gran lunga il denaro speso dal ragazzo durante la sua missione. Comunque sia, nel 2004 il regista Bill Tangeman ha letto questa storia su una rivista e, malgrado abitasse nel Nebraska e per di più a oltre 200 chilometri dallo Starbucks più vicino, ha deciso di aggregarsi alla spedizione di Winter con la sua telecamera. «Il progetto mi era sembrato subito geniale – ha spiegato il regista – ma quando ho saputo che erano anni che questo ragazzo lo stava realizzando, la cosa mi è sembrata assolutamente irresistibile. E così l’ho raggiunto e ho filmato tutto a partire da quel giorno».

Il risultato è “Starbucking”, un road-movie a forma di documentario, che verrà lanciato in Dvd sul mercato statunitense il prossimo 24 aprile (e già ordinabile su Amazon), mentre il trailer è disponibile su YouTube e sul sito stesso del film dove fra l’altro si possono ordinare pure le magliette commemorative. Oltre ad assistere alle peripezie di Winter e alle sue crisi semi isteriche causa surplus di caffeina, Tangeman ha intervistato anche molti dei personaggi che si sono casualmente ritrovati sulla stessa strada del protagonista, ricavandone un concentrato di varia umanità, dove l’ossessione per il caffè diventa il presupposto per una sfida alla società e ad un certo modo di vivere il quotidiano. «Questa esperienza mi ha davvero entusiasmato – ha concluso il regista – ma quello che più mi ha colpito è stato che, alla fine, ho visto talmente tanti locali da non riuscire più a notarne le varie differenze. In fondo, sono tutti uguali in ogni parte del mondo». Un’universalità dei luoghi che diventa sinonimo di impersonalità e che Tangeman ha cercato di tradurre anche nel documentario, forse per evitare che venisse considerato solo il buffo racconto audiovisivo di una pazzia alla caffeina.

[articolo tratto dal Corriere della Sera, 26 Marzo 2007]

13 marzo 2007

Corea 2

Ciao
avete mai sentito dire che in Corea mangiano cane? Ecco vi confermo che e' tutto vero, oggi me lo hanno offerto ma ho declinato... E vedrete che prelibatezze mi sono pappato... Poi sia pranzo che cena l'ho fatto seduto su dei cuscini su tavoli bassissimi, con vicino degli arzilli vecchietti che si divertivano un mondo a vedere me che fotografavo come un giapponese.
Qui poi si mangia solo con i bastoncini di ferro sottili e scivolosissimi, davvero un impresa per gli occidentali (in ogni caso non ne ho visto nemmeno uno sfidare i ristoranti coreani).
That's all folks
Marco

Spring Break in Perù

Sono rientrato oggi dopo dieci giorni di vacanza in Perù. Il Sud America, come sempre, ha un fascino incredibile. Smentisco, a malincuore, le voci sui festini sexy tipici dello spring break (o forse quelli li fanno in Florida e a Cancun)! Il Perù è molto più tranquillo, comunque di cose fighe ne ho fatte parecchie:

- trekking di quattro giorni sulle Ande lungo il cammino degli Incas fino a Machu Pichu (dormendo in tenda nella stagione delle piogge!!)
- rafting sul fiume Urubamba
- rito iniziatico con sciamano, a Cusco, con somministrazione di una bevanda ricavata da un cactus allucinogeno (tranquilli non sono diventato un tossico!)
- visione del derby tra Universidad e Alianz allo stadio di Lima

Saluti a todos!

12 marzo 2007

Corea

Sono mesi che non do il mio contributo scritto a questo bel blog anche se in realta' sono stato partecipe di avventure poi descritte da altri...
Sono in Corea, dalla mia camera al piano 27 si domina una luccicante Seoul: luci di tutti i colori, intermittenti con gigantesche scritte in caratteri incomprensibili. Cerchero' di allegare foto al mio ritorno perche' ora non ho con me alcun cavo.
Questo e' il regno della tecnologia super avanzata: il cellulare più sfigato e' comunque minuscolo, ultrapiatto, Tv incorporata e 2000 opzioni. Per non parlare delle macchine fotografiche. Io sfoggio una canon digitale che qui appartiene al paleolitico... Mi chiedono di fotografarla per mostrarla ai bambini...
Ma il massimo della tecnologia i coreani riescono a raggiungerla con il cesso. Ebbene sì proprio con la tazza... C'è una specie di computer che sovraintende la cagata... 2000 pulsanti scritti rigorosamente in coreano, la tavolozza che si riscalda e che non la si riesce a controllare, il cesso che spara aria fresca, e poi con un pulsante ci si fa il bidè.
L'inglese parlato da queste parti e' parecchio incomprensibile e se uniamo il fatto che la gente e' rintronata di suo e' praticamente impossibile capirsi. Per fortuna da domani avro' un'interprete...

Un saluto dall'oriente

Marco

<< Comunicazione ai visitatori >>


Gli amministratori fanno presente che, in seguito alla traformazione del blog dalla "versione beta" a quella "definitiva", gli utenti che intendono postare o semplicemente commentare senza rimanere anonimi devono (ripeto DEVONO) ricevere un nuovo invito.
Pertanto, visto che siete tanti e non so le vostre mail, vi chiedo di scrivermi per ricevere l'invito. La procedura è la stessa di quest'estate: e vedete di annotarvi la password da qualche parte!!!

Ps. Nel frattempo mi vedo costretto a resettare dall'elenco dei membri anche chi non ha proceduto al rinnovo.

Scrivetemi qua: nico.lori@gmail.com.

Ciao,
Nico

08 marzo 2007

"Spring Break" ovvero "Sex drugs and rock n'roll"

Questo articolo a tema, capita a fagiuolo. Buona lettura, in attesa di sapere se Fausto è per davvero sceso fino in Perù o si è fermato lungo la strada!

Negli Stati Uniti è cominciato da qualche giorno il periodo dell'anno preferito dagli studenti universitari: Spring Break, ovvero le vacanze di primavera dei college statunitensi. Rese celebri da Mtv, sono da decenni sinonimo di pazza gioia, party che si protraggono per giorni, fiumi di birra che scorrono, musica ad altissimo volume nonchè sesso frenetico. Le spiagge della Florida, di Cancun e del Messico sono le località più in voga del 2007. Da quest'anno però dalla capitale storica dei raduni giovanili di primavera, Fort Lauderdale, arriva l'altolà alle ferie all'insegna del divertimento senza limiti.

Per qualche giorno gli studenti modello posano la maschera e, nello spazio di un attimo, si concedono a ogni genere di piaceri. Nel periodo che va da inizio marzo fino a metà aprile, orde scatenate di giovani universitari si riversano sulle spiagge con la ferma intenzione di fare baldoria dalla sera alla mattina per un paio di settimane. Gli springbreakers, come vengono chiamati gli studenti vacanzieri del periodo primaverile, danno il via alle feste con la oramai tradizionale gara di bevute in spiaggia.
Famoso è il «beer bong»; un tubo di gomma attaccato a un imbuto in cui viene versata la birra a litri. Musica ad altissimo volume, deejay famosi, tv nazionali, alcol, sostanze stupefacenti, tornei di beach volley e di «wet-T-shirt»", karaoke improvvisati e rave sotto il solleone sono gli ingredienti che non possono mancare. Dozzine di club, pub e locali notturni contribuiscono con party a tema.

La manifestazione arriva a fine inverno come la manna dal cielo anche per le agenzie di viaggi che per l'occasione propongono i cosidetti «party packages», ovvero pacchetti tutto compreso a partire da 200 dollari per una settimana all'insegna del divertimento. In cima alla top ten delle località preferite per lo Spring Break 2007 si piazza Cancun, cittadina del Messico meridionale, affacciata sul Mar dei Caraibi. Seguono Miami, la Giamaica, le Bahamas e le Hawaii. Fino ad un lustro fa le località più gettonate erano le coste della Florida, ora i posti più alla moda si trovano fuori dai confini statunitensi, dove tra l'altro è anche permesso bere già dai 18 anni.

Il punto di partenza dell'allegra scorribanda di giovani in cerca del divertimento senza tabù, è da sempre stata Fort Lauderdale. Ma proprio la cittadina della Florida, a circa 40 chilometri da Miami, dove da oltre 40 anni giungono fino a 300.000 ragazzi da ogni parte del paese, vuole mettere un freno alla manifestazione. «Temiamo per il buon nome della nostra storica città», ha detto il primo cittadino, rivolgendosi ai media e supportato dalle molte lamentele che giungono in questo periodo da cittadini esausti dal continuo trambusto, dagli schiamazzi notturni e dai ragazzi ubriachi che si aggirano per la città e sulla spiaggia ad ogni ora. Se gli abitanti hanno assistito inorriditi per anni a scene di questo tipo, ora hanno deciso di intervenire in difesa della città e da quest'anno le autorità hanno deciso di vietare l'accesso alle spiagge durante la notte; vietato anche dormire in auto, intensificati i controlli e inasprite le pene. A ruota si sono aggiunte anche numerose località limitrofe che hanno annunciato per quest'anno di intensificare i controlli per scorraggiare questo fenomeno di massa.

[Fonte: Corriere della Sera, 07/03/07. Articolo di Elmar Burchia]

02 marzo 2007

Un ringraziamento

Salve a tutti, poche righe per ringraziare Fausto per avermi ospitato al 419 della 119th St. di NYC.
Partito decisamente con low expectations (o come dico io con l'hype ridotto al minimo), in pochi giorni Fausto mi ha fatto sentire come a casa.
Ovvio che una città nuova spaventa tutti, se poi si tratta della prima metropoli della vostra vita spaventa ancora di più. Però poi ci si abitua, si trovano i "punti di riferimento" (Starbucks su tutti) e si fa sotto la curiosità di esplorare la città in lungo e in largo. Non più come un semplice turista, ma piuttosto come un "curiosone" che vuole vedere come e dove vivono questi yenkees.
Sinceramente mai mi sarei avventurato da solo nel West Village (chi non lo conosce è il quartiere gay) e in Harlem, ma Fausto mi diceva che è tutto tranquillo e che, anzi, sono posti ben tenuti (tutto vero): cosi mi sono spinto nelle zone meno battute dalla gente di passaggio e ho potuto vedere buona parte della città.

A volerla dire tutta è mancata la vita notturna. Ed è quello che ovviamente tutti mi hanno chiesto al mio ritorno. A parte che i seri studenti della Columbia erano sotto esami e a parte che da solo non mi sarei avventurato in clubs o nights, con la massima tranquillità confermo che (a parte un paio di feste tranquie) sono stati 15 giorni di vita diurna. E a posteriori non me ne pento affatto: NYC era una città così bella da vedere e da passeggiare che era un piacere cazzeggiare da Broadway alla 5a Avenue. Le foto che spero di poter mostrare a molti spero spingano a NYC anche chi non è ancora stato.
Certo, se dovessi tornare, qualche serata matta la vorrei fare; non foss'altro per avere la conferma dei mitici festini collegiali o per testare la non-tenuta alcoolica delle americane. Il Presidente Sgarbo si è già prenotato a farmi da Virgilio!

Concludo ringraziando ancora Fausto non solo per l'ospitalità, ma anche per la compagnia, per le cenette ottime e abbondanti, per avermi fatto toccare con mano la bella vita che fanno i graduates e per le corse che mi faceva fare mentre lui camminava col suo solito passo!

Nico