21 giugno 2007

La voce della verità...

Ad un passo dal paradiso...


Interrompo solo un momento la "Stino's story" per ricordare un vero uomo Alfa....

20 giugno 2007

Stino DF Revolution - 2a puntata

Un drogato del cazzo. Ecco cosa sono. Eravamo al pub Agli Amici. Ricordo Ale che apriva la bocca e gesticolava. Credo stesse parlando, ma io mi stavo facendo un trip assurdo a base di Roipnol! Non lo sentivo parlare, probabilmente mi stava descrivendo cosa avremmo fatto nelle ore a venire. Il bello è che non ricordo niente. Giuro. Ho qualche immagine, la Beretta 92FS di Ale, le fiamme di un incendio, il cappello bianco volare in mezzo alla strada, urla di ragazze... la fuga prima dell'arrivo degli sbirri. Poi nient'altro.

Era il tardo pomeriggio del 1° giugno quando ripresi i sensi. Bocca impastata e forte emicrania alla base della nuca.
Aprii gli occhi.
Dovevo essere a casa di Ale a Roncaglia, al "Motel - No Vacancy". Non vedevo il padrone di casa però. Provai ad alzarmi in piedi, ma scoprii di avere la gamba fasciata alla buona. La fasciatura era intrisa di sangue. Poi una voce echeggiò dentro la mia testa.
"Sta fermo, mona. Tra poco viene qua doc Baus e ti rimetterà a posto."
La voce era quella di Fausto. Non vedevo nemmeno lui. Giravo la testa a vuoto.
"Sono qua dietro, diavolocane! Non ti muovere che è meglio."
Era seduto dietro di me. Io stavo straiato nel divano. Rinunciai a muovermi, ma non a fare domande.
"Cazzo è successo?" le parole mi uscivano impastate.
"Di tutto."
"Grazie. Non è che mi racconti?"
"Eh?" disse distrattamente
"Stanotte... oggi... non ricordo niente."
"Ci credo, eri in coma!"
"Devo aver preso il ... il Roipol ieri sera... magari sbaglio a prenderlo con la birra... " mi girava la testa e inziavo ad avvertire la fitta alla gamba.
"Si, va beh., va avanti così che muori... cazzi tuoi. Ora ti racconto."
Si alzò in piedi e camminando su e giù per il salotto del No Vacancy mi raccontò gli eventi dell'ultima notte.
Incredibile Fausto. Sempre tranquillo e pacifico come se niente lo potesse toccare. E soprattutto sempre elegante e raffinato.
La luce che filtrava dal balcone gli illuminava l'abito bianco di lino, calzoni con la piega, sotto una leggera camicia azzurrina. Le scarpe nere lucide, il Rolex d'oro luccicante. Arrivato in cucina, trovò la bottiglia di whisky e ne versò tre dita in un bicchierino.

Alle otto del mattino l'aereo della North West da NYC atterrava puntuale a Milano Linate. I passeggeri scendevano le scalette ed era impossibile non riconoscere Fausto, il gigante di quasi due metri che indossava un vestito completamente bianco. Portava un cappello bianco con tesa larga e degli occhiali da sole che gli coprivano il volto. Niente bagaglio, solo la ventiquattrore ammanettata al polso sinistro. Passato il check in, prese la via verso l'uscita.
Erano le otto e mezzo del mattino e la hall era già gremita di persone. Lo speaker stava annunciando il prossimo volo. Molti passeggeri si fermavano in attesa di recuperare la valigia, altri procedevano verso l'uscita. Un uomo vestito di bianco accendeva il cellulare, si recò in bagno e dopo pochi minuti uscì rinfrescato. Camminava col passo svelto verso l'uscita, ma si fermò di scatto quando superò le barriere che davano alla sala d'attesa. Fece una smorfia, una specie di sorriso.

Li separavano le altre persone in sala d'aspetto e, soprattutto, una dozzina di poliziotti coi cani antidroga che annusavano i viaggiatori. Non si poteva fare niente che destasse sospetto.

Dall'altra parte c'era Stino. Alle sue spalle Serpe e Faccia d'Angelo. Tutti e tre con gli occhiali da sole. Nessuno di loro sorrideva. Stino teneva sottotiro il suo rivale con lo sguardo, ma non ne capiva la smorfia che aveva letto nel suo volto: sicuramente aveva in mente qualcosa. Contro Fausto devi mettere in conto che ha sempre almeno tre mosse di vantaggio su di te.
Così quando Fausto volse per un attimo la testa a sinistra, Serpe, credendo di aver già intuito tutto, camminò rapido verso quel lato.
Poi l'uomo vestito di bianco fece la mossa di andare dalla parte opposta, salvo poi decidere di tirare diritto.
Faccia d'Angelo, gelido come sempre, rimase impassibile e non cadde nelle finte; gli andò incontro con passo decisamente cauto.
E' mio, pensò Stino.

Fausto aveva studiato per un attimo la situazione. Sapeva dell'imboscata, glielo aveva detto poco prima il Presidente con un sms. Però adesso c'erano gli sbirri e Stino. Non poteva fare mosse imprudenti, avrebbe dato nell'occhio. L'unica era mantenere il sangue freddo.
Un riflesso gli colpì il polso ammanettato.
Se ne accorse. Alzò la testa. Al piano superiore con il suo sorriso a 32 denti, il Presidente salutava Fausto mimando lo sparo di una pistola. Fausto fece la smorfia che Stino non seppe capire in tempo. Girò la testa da un lato, quindi fintò di andare avanti e in un attimo girò i tacchi per rientrare nell'area di uscita. Una volta rientrato le porte scorrevoli si chiusero scomparendo dalla vista di tutti.
Il Vicentino si fermò. Poi si girò per vedere Stino, giusto per vedere che stava già correndo fuori.

Fausto salì con l'ascensore al piano sopra e incontrò Il Presidente. Si strinsero forte la mano.
"Ciao Vecio!"
"Capo, bentornato tra noi."
Senza perdere tempo corsero fuori. Indicò a Fausto una Ford Focus blu scuro. A bordo c'era Ale che mise in moto la macchina e andò incontro ai due.
Sbattendo le portiere e con una breve sgommata l'auto partì verso l'autostrada.
"Ciao ragazzi! Grazie dell'aiuto. Nico dorme?" disse indicando un corpo accasciato.
Fausto sedeva a fianco ad Ale. Dietro c'erano Il Presidente e ciò che rimaneva di Nico.
"E' strafatto da ieri sera. Non so neanche se è morto. Se non respira dimmelo che lo buttiamo giù dall'auto." disse Ale svoltando a destra.
"Ancora? Non lo possiamo mica gettare come fossero immondizie. Poi qualcuno ci potrebbe vedere. E poi gli sbirri sanno chi è" lo riproverò Il Presidente.
"Si, è vero, ma ci ho pensato. Ho pensato che possiamo sempre cancellargli le impronte digitali mettendogli le mani in un secchio di acido. Idem per la faccia. Poi nemmeno sua madre lo riconoscerà più!" Ale diceva questo con la solita freddezza che non sai se scherzava o faceva sul serio.
"No, dai respira. Ha il cuore a mille però. Cosa ha preso?" disse allungando una mano sul collo di Nico per sapere se era vivo.
"Il solito."
"Roipnol?"
"Si" confermò Il Presidente.
"Ma cazzo! E' una sega... chi gli dà sta roba? Non regge un cazzo e lo sapete... non l'avete detto ad Eroina di smetterla di dargli 'sta roba?" chiese Fausto.
"A Silvia?" chiese Ale.
"Si"
"Certo, ma a lei non gliene frega niente. Ti vende anche il cianuro se lo chiedi. Mica le viene in mente se è per te o per il cane!"
"Ragazzi!!! Eccoli. Ci sono già dietro." esclamò Il Presidente guardando dietro a sè.

Un'altra Ford Focus, grigio argentata, seguiva a distanza l'autovettura di Ale.
Al volante c'era Serpe. Occhiali scuri che non facevano percepire emozioni. Mike stava telefonando. L'aria era pesantissima. Qualcosa non aveva funzionato stanotte. Mille dubbi insinuavano la mente di Stino. Il Presidente doveva essere altrove. La Gatta aveva garantito che lo avrebbe trattenuto a Milano a oltranza.
"Va' a fidarti delle donne! Tutte uguali. Almeno una volta le compravi coi soldi." fu l'unica cosa che riuscì ad esclamare. I due davanti immaginarono a chi si stese riferendo.

La Gatta, alias Ila, è una ragazza padovana trapiantata a Milano. Giunta nella città lombarda poco più che ventenne si fece un nome nella Mondadori riuscendo ad ottenere un ruolo dirigenziale a 23 anni. La copia di "TV Sorrisi & Canzoni" con scritto RAMZZOTTI anzichè RAMAZZOTTI ha fatto epoca, un errore che tutti i fan hanno preso in simpatia e apprezzato. Non esistono ristampe e il valore di quella copertina ha raggiunto cifre assurde.
Come abbia fatto a fare strada così in fretta nessuno lo sa, ma con un po' di fantasia ci si arriva. Fatto sta che oltre ad essere bella ed estremamente sensuale ha pure cervello. E lo ha sempre usato, come una gatta d'altronde.
Amica di Fausto e del Presidente, un anno fa conobbe Stino ed ebbe con lui una breve, ma intensa relazione che dura tuttora a fasi alterne.
Stino le passava cinquemila euro al mese per sapere tutto del Presidente e lei gli inviava persino le foto che lo ritravano in intimità tutte le ragazze dell'Hollywood che ogni sera rimorchiava. Insomma, se gli passava persino queste foto Stino si fidava.
Due sere fa si erano messi d'accordo. Alessia, amica di Ila e nota modella dell'ultimo piano del condominio doveva alloggiava Il Presidente, doveva scendere al piano sotto e fargli toccare il cielo con un dito con una notte di sesso sfrenato. Infine, poco prima dell'alba doveva dargli il sonnifero. Ma qualcosa doveva essere andato storto. Perchè la Gatta non lo aveva avvisato? Ora non c'era tempo di chiamarla, lo avrebbe fatto dopo.

Il Vicentino dava le istruzioni al telefono.
"Pronto? Isi. Mi senti? Confermo che Fausto sta tornando a Padova. Ha con sè la valigetta. Quel lurido cane se l'è ammanettata al polso. Chiama chi vuoi, anche quell'animale di Ago, ma Stino esige quella valigetta. Passeremo l'uscita di Vicenza tra due ore. Fatevi trovare all'imbocco."
Forse aveva esagerato a dire di chiamare anche Ago. Chiamato l'Animale perchè per uccidere non usava nessuna arma. Solo le mani e i denti. Ma evidentemente la situazione stava sfuggendo di mano a Stino e bisognava correre ai ripari.
"Corri Serpe, stagli sotto. Facciamoli innervosire." ordinò mentre preparava la pistola.
Serpe accelerò e quando fu a meno di venti metri vide che dietro c'era Il Presidente. Parevano in tre dentro.

Ale accelerò. Le due auto in terza corsia procedevano a oltre 180 Km/h. La strada verso Padova alle nove del mattino erano poco trafficata. Almeno fino a Vicenza si poteva correre. Serpe gli stava incollato. Ale stava per raggiungere un'auto. Era a cento metri e iniziò a fargli i fari.
L'auto non si spostava. Cinquanta metri. Era una C3 nera.
Fausto a gesti mandava a quel paese chi guidava e non si spostava.
"E levati idiota!"
Quando era a meno di dieci metri i fari rossi posteriori della C3 si illuminarono. Ale d'istinto frenò. Serpe fece di meglio e sgattaiolò in seconda corsia, in quel momento libera.
Dal finestrino della C3 sbucò fuori un pazzo pelato che urlava voltato verso dietro. Ale sgranò gli occhi: "Ma chi cazzo sta guidando se lui si sporge così???"
Fausto fece in tempo a girare la testa a destra per vedere Stino che gli puntava il caricatore.
"Ma porco..."
Fu un attimo. Ale inchiodò di colpo. L'auto sbandò e non riusciva a tenerla. Fausto si chinò e cercava un'arma nel portaoggetti.
"Sottu lu sitili" urlò Ale in dialetto pugliese.
"Tua sorella! Non c'è un cazzo qui." risposte Fausto.
La Focus blu scuro limò il guardrail sinistro, quindi virò tutto a destra. Davanti a loro il pazzo pelato riprese a guidare normale e fuggì avanti. A lato Serpe accelerò, lasciandosi alle spalle l'auto di Ale.
Il veicolo era incontrollabile. Terminò in prima corsia giusto davanti ad un TIR che frenò all'improvviso.
A questo punto Ale sterzò di colpo a sinistra e mise il piede nell'acceleratore. L'auto si stabilizzò. Il cuore del Presidente riprese a battere: quei trenta secondi pareva non passassero mai. Lui non era fatto per inseguimenti e cose del genere. Lui era bravo a lavorare dietro le quinte, dietro un bancone e magari in compagnia di una bella ragazza. Dura essere uomini: a cosa non si pensa anche in questi momenti!
"Fiiiiga,raga!! Che paura." esclamò.
"Tutto ok, ora però ho perso Serpe... e chi cazzo era quel pazzo nella C3?" chiese Ale.
"Merda. Lo so io chi è. E' uno sbirro, il commissario Bruge. Poi vi dico di più." disse Fausto, mentre con gli occhi cercava la Focus di Serpe. Che fosse dietro? Guardò nello specchietto retrovisore e i suoi dubbi trovarono conferma.
"Serpe... Che diavolo in auto." pensò ammirato verso il vecchio amico.
Le auto ripresero a viaggiare verso Padova a velocità sostenuta.

Fausto guardava fuori dal balcone. La Fiesta bianca del '95 di Baus svoltò l'angolo e parcheggiò sotto il No Vacancy. Interruppe il racconto.
"E' qui Doc. Ti farà male. Hai un proiettile conficcato nella coscia. E non ti posso dare da bere, sennò mi muori."
"Ottimo." dissi.
Fausto aprì il portone, Baus salì le scale quando fu dentro salutò il Capo.
"Ehilà! Ben tornato! Allora, com'è il Nica?"
"Figo figo. Poi ti racconterò. Ora vedi di rimettere in piedi quel drogato. Mi serve ancora per un paio di settimane, poi parto per Londra."
Fanculo pensai... bell'amico!
Baus con un'alzata di ciglio mi salutò. Quindi poggiò la valigetta, la aprì e prese i ferri. Io chiusi gli occhi e morsi un fazzoletto.
Doc tirò fuori i proiettili in meno di mezz'ora. Non male per uno a cui mancano un paio di esami per laurearsi. Ero sfinito. Chiesi a Fausto di continuare il racconto, mentre beveva un goccio con Doc.

(continua...)

10 giugno 2007

Stino DF Revolution - 1a puntata

Il capo aveva mandato un sms. Poche parole. Chiare e senza alcun bisogno di ulteriori spiegazioni: "In Nicaragua ho finito. Torno." Sapevo che l'aereo da Managua avrebbe fatto scalo al JFK per poi volare diritto a Milano. Alle 8 del mattino del 1° giugno sarebbe uscito dall'aereoporto di Malpensa e se nessuno di noi fosse lì ad attenderlo...
Beh, avete capito, no?

La sera del 31 maggio Stino ci volle tutti a rapporto. Nuvole scure minacciavano pioggia, così corsi per Piazza delle Erbe ed entrai nella vietta che portava al Bertelli. Passai lungo la vetrina e diedi un'occhiata all'interno. Il giovedì sera era sempre tranquillo. Dietro ai nani non vedevo molta gente, solo due persone. Una ovviamente Stino e l'altra Mike, detto il Vicentino.

I sei nani sono delle statuette in plastica dura alti mezzo metro che stanno sereni e sorridenti a guardare fuori dalla vetrina del bar. Ogni volta che li vedo penso alla quella scazzottata coi pancabbestia. Si, con gli autonomi, i pacifisti... come li chiamate voi? Trent'anni fa erano i figli dei fiori, un nome che non incuteva timore, anzi, come dice Ale "portavano amoore"!
Oggi, invece, fanno schifo: li vedi seduti in piazza a fumare, a bere, ad accarezzare
un cane che certamente ha maggior cura igienica di loro. A Stino e ai catalani fanno comodo: hanno soldi e quando vogliono l'erba pagano senza fare storie. A me fanno schifo. E con due litri di vino in corpo glielo dici pure in faccia e quella sera, al Bertelli, iniziarono spinte e insulti.
Ricordo che Alberto, il barista, capì che la situazione sarebbe voltata al peggio. Urlò qualcosa, ma era tardi. Io avevo già preso in mano un paio di nani e li usavo come manganelli per picchiare il pancabbestia. Lo colpii in volto e cadde a terra. Non ricordo se c'era già sangue, ma il calcio in faccia che gli assestò Stino e che lo fece rotolare per tre metri a terra fu come far esplodere un estintore. Il tipo spruzzava sangue dal naso e per terra c'erano almeno un paio di denti. Stino rideva di gusto, avrebbe voluto sedersi e riempirlo di pugni, ma non c'era tempo.
Gli sbirri potevano arrivare da un momento all'altro. Allungai ad Alberto un paio di bigliettoni gialli per inventarsi una storia e uscimmo fuori. Corremmo per il ghetto fino ad arrivare dietro il Duomo. Allora Stino riprese a ridere.
Non capivo. Poi guardai cosa avevo in mano e iniziai pure io a ridere: stringevo tra le mani Brontolo ed Eolo.

Questa volta, prima di entrare al Bertelli notai Ale fuori a fumare. Cazzo, stasera indossava gli occhialetti da Al Bano. Aspirava la sigaretta e mi fissava. Senza dire niente. Come al solito quando ti deve dire qualcosa. Così mi avvicinai. Fece il cenno di salutarmi alzando leggermente la testa.
"Ciao" risposi.
"Ascolta. C'è un problema…"
Solita pausa per creare tensione. Gode a fare così. Gira gli occhi a sinistra e a destra. Controlla che nessuno lo possa sentire. Poi torna a fissarmi.
"Il capo domattina è a Milano. Il Presidente ha da fare e Stino vuole che ci pensiamo noi."
"Perfetto. Non vedo il problema. Tiriamo dritto fino alle 5 e poi andiamo a Milano. Arriva per le 8, no?"
"Grazie al cazzo. Questo lo so anche io. Il problema è Stino. Vuole venire anche lui."
"Merda."
"Appunto. E ovviamente è convinto che si possa partire alle 6. Ma vai tu a spiegargli che in autostrada è normale che ci sia traffico o casini di qualsiasi tipo."
"Ma che ha da fare fino alle 6?"
"Sesso. Serpe e il Vicentino gli hanno trovato un paio di tipe per passare la notte. Ora è là con Mike, il tempo di bere un arsenico e poi via."
"E Serpe?"
"E' in macchina. Sai com'è fatto, no? E' là che attende ordini."
"Si, si, va bene. E perché vuole venire con noi?"
"Indovina. Torna il vecchio boss e deve mostrare, anzitutto, che qua gli affari proseguono e, secondo, che ora è lui a comandare."
"Sicuro?"
"Credi ci sia dell'altro?" mi chiese crucciato.
"Chiamale paranoie, ma per me ci stanno scaricando. Per come la vedo io il Vicentino ha capito che con Stino a Padova tira un'altra aria. E se lo fa amico con un paio di mignotte.
"Noi facciamo da autisti per Stino fino a Milano. Arriveremo alle 9 e Fausto sarà incazzato nero. Stino gli dirà che è colpa nostra. Bang! Poi arriviamo a Padova e scopre che "manca il giro di ragazze" che lui esige. Colpa nostra. Bang! A questo punto avremo una sola possibilità: scappare come lo scorso agosto. Scappare lontani fino a che le acque non si saranno calmate. Io l'ho visto incazzato Fausto e, credimi, non è un bello spettacolo per chi gli sta attorno."
Ale non rispose. Finì la cicca e la gettò dentro un tombino. Mi fece cenno di seguirlo dentro il bar. Per me l'importante era che avesse recepito il pericolo.

Mike, detto il Vicentino o, altrimenti, Faccia d'Angelo, è da sempre la spalla di Serpe. Anni fa c'era anche Fausto, ma erano altri anni. Ora la vita di Mike era cambiata. Contrabbandava "roba" di ogni tipo, partiva il venerdì sera e tornava il lunedì mattina. Dove andava? Nessuno lo sa. A parte il suo socio Isi e l'avvocato, una tipa di nemmeno trent’anni che almeno una volta al mese lo tirava fuori da Due Palazzi.
Non ci crederete, ma alla fine è diventata pure la sua ragazza! Lei è di Vicenza e a lui non gli potevamo non dare il soprannome di Vicentino. Come dicevo, il suo hobby era procurare "roba" di qualsiasi tipo: vestiti, case, ragazze, erba, pastiglie. Una volta, ricordo, gli chiesi di farmi avere un'ATI modello 9600 SXT, una scheda video per il PC venduta solo negli States. Me l'ha trovata in meno di una settimana.
Il Vicentino rimase male quando Fausto partì per l'America. Lo voleva seguire e lo avrebbe fatto se non avesse il passaporto sequestrato. Così dopo aver vissuto il momento di crisi assieme a Serpe, entrambi si legarono a Stino. Ora vivevano per lui.

Entrammo al Bertelli, quindi. Alberto mi riconobbe e mi lanciò un'occhiataccia: gli dovevo ancora riportare Eolo. Non sa che l'ho perso. Gli ho anche detto che è molto più alternativo avere esposti i sei nani anziché sette. Anzi, se passate, diteglielo. Magari alla fine ci crede.
Girai la testa e seduti al tavolo c'erano Stino e Mike. Ale ordinò due Traminer del Friuli. Mi sedetti al tavolino senza ascoltare quello che gli altri due si dicevano. La musica era alta e non sentivo. Ale arrivò col vino. Stava seduto davanti a me. Sfoggiava un ghigno. Possibile che avesse in serbo qualcosa? Stino lo freddò con una battuta.
"Non c'è proprio un cazzo da ridere, Ale."
Ale divenne serio. Non aveva in serbo niente. Io rimasi in silenzio. Osservavo. Faccia d'Angelo e Stino si fissavano.

Sapete perché il Vicentino portava questo secondo soprannome? Ve lo spiego subito. Secondo voi ora era allegro e felice, perché aveva bevuto? Nossignore, aveva lo stesso sorriso anche quando pestava a sangue chi gli ordinava "roba" e non gli pagava tutto subito. Lo stesso quando l'avvocatessa lo portava fuori dal carcere. Faccia d'Angelo, appunto, biondo, occhi azzurri e quel sorriso del cazzo che mette paura.

Stino finì l'arsenico. Io e Ale stavamo in silenzio. Lo vedevo scrivere un sms. Con la coda dell'occhio controllava Stino. Ale era arrivato da un paio d'anni nel gruppo; l'avevo portato io. Silenzioso e tenebroso, non si fidava di nessuno. Anche lui aveva i suoi traffici. Veniva dal profondo sud, ma aveva preso i caratteri peggiori di noi gente del nord. Introverso e ottuso, non tollerava che gli si cambiassero programmi già decisi. Per questo motivo odia svisceratamente Stino e il suo modo di fare. Con Stino niente è già deciso. Oggi ti dice una cosa, ma prima di domani è capace di cambiare programma almeno una dozzina di volte. Oltretutto Ale è un cane sciolto, non vuole capi, né seguaci. Gli piace prendere una persona e portarsela dietro. Poi, se si fida di te è fatta. Per me è così. O almeno credo.
Ricordo che aveva un amico tempo fa, si chiamava Paz, un ribelle marsigliese. Andavano d'accordo, ma poi all'improvviso scomparve. Ale ha detto a tutti che è andato in Africa, ma nessuno ci crede. Per noi sta con una pietra a collo dentro qualche fiume lontano dalla città.

Stino ordinò ad Alberto un nuovo arsenico. Poi iniziò a parlare.
"Nico, tu e Ale partite per Milano. Fausto arriva domattina alle otto. Prima però mi passerete a prendere a Vicenza. Vi farò sapere dove prima dell'alba."
La pausa che ne seguì doveva servire a me per dirgli che era impossibile fare Padova-Milano in due ore. Ma rimasi zitto.
"Ovviamente non ve la spasserete fino all'alba. C'è un lavoro da fare. Presentatevi con un paio di sacchi di calce viva. Ci servirà. Nico, ne hai ancora?"
"Ovvio."
Faccia d'Angelo rise di gusto. Avrei sorriso pure io se non immaginassi che uso voleva farne della calce viva. Quei due pazzi volevano uccidere il nostro vecchio capo, ecco cosa covavano. La calce viva serviva per sciogliere chimicamente il corpo e per non lasciarne traccia. Altroché!
"E voi cosa fate nel frattempo?" sbottò Ale in faccia a Stino.

Fu questione di un secondo. Stinò prese la nuca di Ale con la sua manona e spinse la testa fino a farla sbattere violentemente sul tavolo. Il forte colpo fece zittire le persone dentro il locale. Ale gemette, il dolore acuto credo che gli impedisse anche di pensare. Il Vicentino continuava a sorseggiare l'arsenico come niente fosse. Io mi ritirai indietro. Avevo paura. Quando Stino agiva così d'istinto era capace di tutto.
"Non ho capito la domanda, Ale. Puoi ripetere? Oh, devo averti rotto gli occhialetti da Al Bano. Mi spiace."
"Niente, capo. Niente."
"Ed ora filate voi due. Alle 5.30 telefono. Alle 6 si parte per Milano."
Lasciammo là il vino e uscimmo fuori dal locale. Avevo i conati di vomito dalla tensione. Ale perdeva sangue dal naso. Raggiungemmo la fontana in Piazza delle Erbe. Mentre Ale si puliva, io tremavo. Avevo bisogno di almeno un paio di dosi di Roipnol. Ma non ce n'era e Silvia era fuori città tutta la settimana. A lei potevi chiedere qualsiasi droga o psicofarmaco e lei te lo procurava. A caro prezzo, però!
Mentre si lavava disse: "Nico, la guerra è cominciata. Scegli con chi stare. Oramai hai capito pure tu le fazioni. Fausto può contare su te e me e sul Presidente. Stino ha dalla sua Serpe e Mike. Tre contro tre, perfetto equilibrio."
"Dimentichi i catalani. Quelli sono con noi."
"I catalani? Non ti fidare, quelli sono mercenari. Vanno da chi li paga di più. Non fidarti mai di nessuno."
Era in questi momenti che percepivo una delle mie debolezze. Io mi fido di tutti. Ale, invece, era all'opposto. Aveva già capito che con Stino non si andava da nessuna parte ed ora ha scelto di stare con Fausto. E a me restava solo la medesima scelta.

Dopo venti minuti Ale si riprese. Probabilmente sarebbe finito tutto prima dell'alba. Occorrevano subito le armi. Camminammo verso i Due Archi. In quella zona dovevamo trovare Edo ed Ombra, il suo compare. Edo era mezzo italiano, mezzo bulgaro. Uno con la lingua sciolta e capace di qualsiasi efferatezza, ma a sporcarsi le mani ci pensava Ombra, il suo alto guardiaspalla che gli sta sempre a fianco, come un'ombra appunto.
Non resistevo. Mandai un sms a Silvia. Avevo bisogno dello psicofarmaco il più presto possibile.
Ai Due Archi non c'erano. E iniziava a piovere forte. Entrammo alla Posada de la Mision. E' un locale messicano, dal cibo alla musica alle pareti di mille colori. Un bell'ambiente dove si riesce a passare bene inosservati. Ale scese al piano sotto a sistemarsi. Stavo per chiedere un tavolo, quando qualcuno mi battè la spalla da dietro. Percepivo una grossa mano. Era Stino.
Uscimmo fuori e sotto la pioggia chiese le mie intenzioni. Provai a bluffare, a dire che non capivo a cosa si riferiva.
"Vuoi che faccia sbattere la tua testa contro il muro? Forse dopo capirai di più."
"No."
"Forza allora."
Il telefono trillò. Era arrivato un sms.
"Stino, sto con Fausto."
"Allora questo è un addio. Saluti."
Si voltò e camminò lungo la stretta strada verso le piazze. In quello arrivò la Focus grigia di Serpe. Davanti c'era il Vicentino. Stino montò dietro. Poi la macchina sfrecciò via.

"Cazzo fai la fuori! Entra, no?" urlò Ale.
Io continuavo a fissare dritto davanti a me. Girai la testa.
"E' venuto Stino. Gli ho detto che stiamo con Fausto. Ci siamo detti addio."
"E va beh! Pace." disse allargando le braccia. "Ora entra. A breve decidiamo il da farsi."
Ingurgitammo un paio di Corone. Lessi il messaggio. Silvia mi diceva di andare Agli Amici. Il cuoco è un suo amico. Pagai il conto e scendemmo lungo Via Altinate. Nessuno dei due parlava. Giungemmo Agli Amici e là Ale incontrò quattro, cinque dei suoi. Brutti ceffi, avanzi di galera.
In cucina chiesi del "Postino". Chiamato così perchè vendeva a molti studenti dell'università i suoi "francobolli". Li leccavi e facevi dei viaggi da urlo. Gli dissi che mi mandava Silvia. Lui aprì un barattolo e mi mise in mano un paio di fiale di Roipnol. Pagai cinquanta euro. Arrivato al tavolo chiesi ad Ale se voleva una fiala. Scosse la testa e iniziò a parlare. Io intanto avevo versato il contenuto della droga nella birra.

(continua...)