Quelli dello Starbucks
Oggi posto un altro articolo che vale la pena di leggere, non foss'altro perchè io e Sgarbo riteniamo essere uno dei posti più "fighi" in assoluto!
Pazzo per il caffè di Starbucks, la celebre catena americana che ha portato espresso e cappuccino in tutto il mondo. O pazzo e basta, a seconda dei punti di vista. Di certo, la sfida che alla fine degli anni Novanta Rafael Antonio Lozano, texano, residente a Washington, altrimenti conosciuto con il nome di Winter, ha lanciato a se stesso quantomeno bizzarra lo è davvero: visitare tutti i locali Starbucks nel mondo, bevendo un caffè in ognuno di questi. Il motivo che ha spinto questo disegnatore di software freelance a ingerire dosi massicce di caffeina (una volta è arrivato addirittura a bere 29 espressi in un solo giorno) e a spendere quasi 30 mila dollari in otto anni lo ha spiegato lui stesso, sul sito creato apposta per l'occasione e aggiornato ad ogni tappa del suo viaggio: «Fin da bambino – ha raccontato Winter - ho collezionato fumetti, lettere e monete, poi sono passato a Starbucks, che è un altro modo con il quale manifesto la mia attitudine compulsiva nel volere tutto. Non mi considero un maniaco, ma solo uno che ha voluto fare qualcosa di completamente diverso dagli altri».
Come ogni piano che si rispetti, anche questo di Winter aveva delle regole ben precise: i locali ammessi nella prova erano solo quelli con licenza ufficiale Starbucks, tralasciando dunque i quasi 5 mila punti vendita che la catena ha negli aeroporti e nelle librerie Barnes & Noble; vietato visitare lo stesso locale per due volte, per non perdere tempo e obbligo di prendere lo stesso tipo di caffè in ogni posto. Fatti due conti, il ragazzo ha visitato 6.338 Starbucks nei soli Stati Uniti e 432 nel resto del mondo (Montreal, Inghilterra, Giappone, Parigi, Madrid, Messico, Hong Kong, Taiwan e Puerto Rico), scatenando, com’era prevedibile, la reazione dei media. Per contro, invece, la “casa madre” ha sempre preferito prendere le distanze dallo stravagante progetto, dichiarando che quella di Winter era un’iniziativa assolutamente personale e, soprattutto, non retribuita.
Di certo, però, la pubblicità gratuita che la catena ne ha ricavato ha superato di gran lunga il denaro speso dal ragazzo durante la sua missione. Comunque sia, nel 2004 il regista Bill Tangeman ha letto questa storia su una rivista e, malgrado abitasse nel Nebraska e per di più a oltre 200 chilometri dallo Starbucks più vicino, ha deciso di aggregarsi alla spedizione di Winter con la sua telecamera. «Il progetto mi era sembrato subito geniale – ha spiegato il regista – ma quando ho saputo che erano anni che questo ragazzo lo stava realizzando, la cosa mi è sembrata assolutamente irresistibile. E così l’ho raggiunto e ho filmato tutto a partire da quel giorno».
Il risultato è “Starbucking”, un road-movie a forma di documentario, che verrà lanciato in Dvd sul mercato statunitense il prossimo 24 aprile (e già ordinabile su Amazon), mentre il trailer è disponibile su YouTube e sul sito stesso del film dove fra l’altro si possono ordinare pure le magliette commemorative. Oltre ad assistere alle peripezie di Winter e alle sue crisi semi isteriche causa surplus di caffeina, Tangeman ha intervistato anche molti dei personaggi che si sono casualmente ritrovati sulla stessa strada del protagonista, ricavandone un concentrato di varia umanità, dove l’ossessione per il caffè diventa il presupposto per una sfida alla società e ad un certo modo di vivere il quotidiano. «Questa esperienza mi ha davvero entusiasmato – ha concluso il regista – ma quello che più mi ha colpito è stato che, alla fine, ho visto talmente tanti locali da non riuscire più a notarne le varie differenze. In fondo, sono tutti uguali in ogni parte del mondo». Un’universalità dei luoghi che diventa sinonimo di impersonalità e che Tangeman ha cercato di tradurre anche nel documentario, forse per evitare che venisse considerato solo il buffo racconto audiovisivo di una pazzia alla caffeina.
[articolo tratto dal Corriere della Sera, 26 Marzo 2007]